Castello Cantelmo

Il castello di Pettorano sul Gizio fa parte di un sistema di fortificazione
comprendente i castelli circostanti di Popoli, Pacentro, Raiano, Vittorito,
Prezza e Anversa.

Originariamente doveva essere composto solo dalla torre
centrale di avvistamento (puntone) a pianta pentagonale, con la punta diretta
verso Sud-Ovest, intorno alla quale fu innalzata, in epoca angioina, l’attuale
cinta muraria con le superstiti due torri circolari.

Delle due torri, a base scarpata, quella posta a Sud-Ovest è di maggiori dimensioni rispetto a quella
posta a Nord-Ovest. A Sud-Est invece si possono osservare i resti di una torre
quadrilatera.

Fino all’XI secolo inoltrato, il nome Pectoranum era genericamente un
toponimo che individuava un’intera vallata, tanto da trovare spesso nei
documenti anteriori al 1021 l’espressione “in valle de Pectorianu”.

È soltanto dal 1093 che il toponimo è passato a designare più precisamente il Castello: un documento del maggio 1093 attesta, infatti, un “Castellu qui Pectoraniu bocatur”.

In questo lasso di tempo (1021- 1093) è avvenuto l’incastellamento,
vale a dire la fortificazione di aggregati urbani esistenti o costruiti ex-novo, con la delimitazione di un territorio giuridicamente soggetto a un castello
inteso come concentrazione di uomini e interessi.

È proprio tra X e XI secolo che si verificano trasformazioni economiche di rilievo: i signori laici iniziano il processo di erosione dei beni mobili e immobili di chiese e monasteri. Nel
territorio di Pettorano nel 1021 è attesta la rivendicazione da parte del
Monastero di S. Vincenzo al Volturno della usurpata chiesa di S. Comizio.
Secondo quanto testimonia il Chronicon Casauriense, prima della fondazione
di S. Clemente a Casauria (873) non vi sarebbero stati castelli, e solo agli inizi
del X secolo, a causa delle scorrerie saracene, avrebbero cominciato a
costruire castelli.
All’avvento dei Normanni il castello di Pettorano costituiva una già
consolidata realtà economica e politica, tanto che alla fine del XII secolo era il
perno di un feudo che si estendeva dalla valle del Gizio verso il Piano delle
Cinquemiglia, al Sangro fino alla futura Ateleta. A capo del feudo troviamo un
certo Oddone della famiglia dei Conti del Molise. Nel XII Giovanni Brienne
cacciò il Duca di Spoleto dalla Marca, assediò Sulmona e conquistò il castello
di Pettorano. Qui si asserragliò Corrado di Lucinardo, insieme a Roberto di
Bacile o Pacile, che avevano aderito al partito papale contro Federico II. Dopo
questo episodio, che aveva dimostrato l’importanza del castello come punto di
difesa della via di comunicazione tra la Contea del Molise e la Valle di
Sulmona, Federico II tentò di riportare la situazione sotto il proprio controllo
nominando titolare suo figlio, Federico detto di Pettorano, e facendo vigilare il
territorio affinché non vi dimostrasse gente sospetta ed infedele. Con la venuta
degli Angioini l’intero feudo di Pettorano, insieme a Colleguidone,
Pietransieri, Pacentro e Roccaguiberta, fu concesso al milite Amiel d’Angoult
signore di Courbain venuto dalla Provenza al seguito di Carlo I d’Angiò. Nel
1269 (tre anni dopo la vittoria di Benevento) i “traditori” che avevano
parteggiato per gli Svevi vennero colpiti con la confisca dei beni, che furono
così ceduti a fedeli Angioini. Tra i beni confiscati c’è anche una Bectonia di
Cerrano sita proprio nel territorio di Pettorano.
In una copia di un documento, datato 14 ttobre 1285, Roberto II d’Artois,
reggente del reame, ordinò a Pietro di Sora, giustiziere dell’Abruzzo citeriore,
di far distruggere il castello di Pettorano (fortellicia castri Pectorani), con la
motivazione che questo avrebbe recato non precisati danni agli eredi del
Regno, invitandolo a risparmiare solo l’abitazione del signore feudale (con
ogni probabilità Oderisio di Ponte). Pertanto, verosimilmente l’originario
castello (la cui localizzazione non è certa) venne distrutto. A confortare questo
dato sono gli elementi costruttivi (soprattutto la tipologia della muratura a
sacco) di tutte le strutture dell’attuale castello (compresa la torre centrale), che
presentano riferimenti cronologici riconducibili alla prima metà del XIV
secolo, epoca in cui sarebbe stato ricostruito il nuovo impianto architettonico.
Nel 1269 il feudo passò ad Oderisio de Ponte, che pensò bene di donarlo alla
figlia Giovanna andata sposa ad Agoto di Courbain, figlio di Amiel di
Courbain. Nel 1310 il feudo fu trasmesso ai Cantelmo, venuti in Italia al
seguito di Carlo I d’Angiò, e lo tennero per lunghissimo tempo fino al 1750,
quando i Cantelmo furono rimpiazzati dalla famiglia dei Montemiletto fino al
1806.

Il castello di Pettorano rimase a lungo luogo di rifugio di “rebelles” al potere
imperiale. In un documento del luglio 1384 Carlo III di Durazzo ordinò al
capitano di Sulmona di procedere contro alcuni “rebelles et infideles” del
Castello di Pettorano che avevano sequestrato e liberato solo dopo il
pagamento di un riscatto un certo Coluccio de Rigazio di Sulmona, fedele al
potere. Ancora per tutto il Quattrocento Pettorano costituiva una terra di
rifugio per gli avversari del potere politico. Il XVI secolo è stato decisivo per
Pettorano: la fisionomia dell’intero abitato, dominato dal Castello, ha preso
consistenza nel corso di questo periodo, come pure il sistema della cinta
muraria con le sei porte di accesso, di cui rimangono consistenti tracce. Il
risultato di tutta questa attività edilizia è stato l’allargamento della superficie
difesa e protetta del castrum, così come ancora oggi è possibile vedere.

Dove si trova

Dal rudere al restauro
Il castello Cantelmo, esaurita la sua funzione difensiva e militare, per secoli è
stato abbandonato. L’incuria e l’azione inesorabile del tempo lo hanno ridotto
a un rudere. L’affresco di Porta S. Nicola, datato 1656, circa, raffigura tra
l’altro un castello sulle cui torri avevano già messo solide radici gli alberi.
Negli ultimi quattro secoli il castello ha subito notevoli danni e spoliazioni.
Tutti i materiali di maggior pregio sono stati saccheggiati, fino alla vendita
degli stemmi che impreziosivano l’edificio, avvenuta nell’Ottocento. La
quarta torre che sorgeva a Nord-Est è andata completamente persa e sul sito
dove era stata innalzata sono state costruite nuove abitazioni appoggiate al
castello, e addirittura incuneate in esso fino a raggiungere il puntone centrale,
tanto da impedire oggi il percorso intorno al mastio.
Il progetto di restauro risale al 1988, all’interno del vasto programma ideato
dalla Sovrintendenza dell’Aquila ai Beni Culturali Ambientali denominato
“Sulmona città d’arte”. I lavori sono stati finanziati con la Legge 64/86 e
realizzati nell’arco di sei anni, dal 1992 al 1998. I lavori hanno recuperato
tutto il possibile con un’attenzione particolare a non modificarne l’impianto
originario. Tutti gli interventi di ricostruzione sono ben visibili ed evidenziati.
Le strutture inserite ex-novo sono state realizzate con materiali completamente
diversi rispetto a quelli originari. È stato recuperato in gran parte il percorso di
guardia e sono state volutamente lasciate incomplete le parti delle quali non
esisteva documentazione della struttura originaria.
La destinazione d’uso
Il castello attualmente è un centro visita della Riserva naturale regionale
Monte Genzana Alto Gizio. All’interno si trovano:
Mostre permanenti:
“Gli uomini e la montagna” di G. Battista
“Antologia della pietra: eremi e castelli d’Abruzzo”
“Sala dei carbonai”
“Museo del territorio”
All’interno del Castello, inoltre, sono presenti una Sala convegni con 50 posti
a sedere e diversi spazi espositivi.

Inoltre nel … (??) il Castello Cantelmo è diventato casa comunale, offriamo
quindi la possibilità di organizzare riti civili al suo interno
Il castello Cantelmo è aperto al pubblico tutte le domeniche dalle 10 alle 13 e
dalle 15 alle 18. Nella stagione estiva è aperto tutti i giorni.